Conosciamo un po' alla volta gli autori che pubblicheranno con Folclore Oscuro, la nuova collana edita da Delos Digital. Questa volta è il turno di Serena Aronica, autrice de “L'Apprendista Becchino”.
Ciao Serena! Grazie per aver accettato di rispondere a questa intervista. Prima di tutto, vorresti presentarti?
Ciao Massimo! Ci mancherebbe, non si rifiuta mai una buona chiacchierata. Come Xena sono stata forgiata dal fuoco di mille battaglie sul tabellone di HeroQuest e tra le pagine di Lupo Solitario! Poi sono arrivati il Commodore 64 e Golden Axe, le montagne di VHS, i piccoli brividi e lo Zio King. Sì, sono una fiera figlia degli anni 80/90! Vorrei poter dire che le battaglie nella mia vita sono state solo ludiche, ma non è così. Come in ogni avventura epica che si rispetti però, il protagonista può contare su un fedele compagno di viaggio (la forma è un dettaglio!), per me è stata una Olivetti beige in ghisa. Con lei è iniziato il mio vero viaggio.
Ci vuoi parlare delle tue precedenti pubblicazioni? In modo che possiamo tutti conoscerti meglio.
Non ci metteremo molto! La verità è che non sono una scrittrice compulsiva, o meglio potrei esserlo ma non voglio! Ho pubblicato Colpi nel buio, un romanzo thriller, nel 2014 e poi gli ho voltato le spalle. Non ho un buon rapporto con quel libro. Mi sono quindi dedicata ai racconti, la mia forma di narrazione preferita, entrando in varie antologie come Splatter Presenta: Best Italian Horror Flash Fiction curata da Paolo Di Orazio e pubblicata dalla casa editrice Independent Legions e in Crimini Seriali e Crimini Famigliari curate entrambe da Cristina Canovi e pubblicate per la CatBooks Publishing di Alda Teodorani. Sempre per la CatBooks di Alda Teodorani è uscita una mia raccolta di racconti, Affilata Follia.
So che sei anche una podcaster. Mi parleresti anche di questa tua declinazione?
Lo sono stata! L’avventura nel mondo dei podcast è stata intensa, anche se relativamente breve. Come buona parte delle mie scelte, quella di fare podcast è nata da una forte spinta emotiva e da una innata curiosità. Crossroad: i racconti del crocevia è nato così, da una scommessa con me stessa. Anche l’Apprendista Becchino (in origine Mort il becchino!) è stato un podcast a episodi nel mio canale Black Ink. In tutta onestà devo dire che il mondo dei podcast mi ha permesso di raggiungere un numero considerevole di ascoltatori e di ricevere una gran quantità di feedback positivi, soprattutto per Mort! Comunque il podcast è ancora lì per chi volesse ascoltare Crossroad (ancora per poco!) e i miei racconti brevi.
“L’apprendista becchino” è un titolo particolare che mescola diversi elementi del folclore. Puoi dirci come è nata la storia?
Quando è nata questa storia ero in un periodo particolare; avevo bisogno di condividere (e forse di ricordare a me stessa) il concetto che crescere è un po’ come affrontare una sfida per la sopravvivenza. Va da sé che l’esperienza personale diventa un pozzo dal quale attingere. Come Toothgood, il giovane aiutante di Mort, ho perso entrambi i genitori e proprio come lui ho dovuto affrontare il mondo, talvolta mostrando e usando i denti. Gli elementi folk nel racconto sono il frutto della mia grande passione per l’aspetto antropologico del folclore nutrito leggendo, per citarne solo alcuni, Cecilia Gatto Trocchi e Massimo Introvigne. Nello scoprire i Benandanti ho recuperato una memoria antica di quando ero bambina: mio padre che dice, parlando di qualcuno sfacciatamente fortunato: “quello è nato con la camicia!”.
Fai parte anche del collettivo Coven Riunito, vuoi raccontare il progetto qualora qualcuno non lo conoscesse?
Coven Riunito (ci trovate su Instagram, il nostro covo preferito!) è un progetto al quale ho voluto aderire sin dai suoi primi vagiti, pur essendo io refrattaria alla socialità. Coven nasce da una necessità, quella di generare un movimento perpetuo in grado di stimolare una necessaria curiosità verso l’arte “oscura” al femminile. Le donne sono state associate all’oscurità e al male per troppo tempo e per le ragioni più meschine, noi vogliamo che questi aspetti “oscuri” siano riabilitati e considerati al pari di quelli di origine maschile. Attraverso Coven io, Giulia Massetto e Laura Gobbo, abbiamo conosciuto donne e ragazze con doti artistiche sorprendenti e dotate di una profondità creativa assolutamente brillante. La nostra non è una crociata contro gli uomini, non desideriamo rivendicare qualcosa con rabbia e ostilità. Coven è un luogo che accoglie tutti, come un grembo materno, un approdo e allo stesso tempo un punto di origine.
Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo racconto?
Domanda di riserva!? Vediamo… forse perché una fiaba, anche se nera, ha sempre il potere di riconciliarci con il mondo. Credo possa essere il racconto adatto per chi ha bisogno di ricordare a se stesso che la sfortuna è solo una brutta etichetta che ci cuciamo addosso, che gli affetti possono valicare il “legame di sangue” e che non dobbiamo mai dare per scontato il nostro “potere” di reagire alle avversità. E poi le favole sono sempre così belle, specie se condivise.
Quanto influiscono, secondo te, le proprie radici nella “voce” di un autore e nei temi che va ad affrontare?
Infinitamente, nel bene e nel male! Si attinge sempre, anche inconsciamente, da ciò che ci ha nutrito o affamato. Si possono tentare strade diverse, magari virando anche bruscamente e scegliendo di rivoluzionare la propria cifra stilistica, ma le radici non smetteranno mai di palpitare.
Quale pensi sia una delle caratteristiche fondamentali della tua scrittura?
Direi la sintesi. Amo condensare, piuttosto che amplificare. Soprattutto i sentimenti, che talvolta nelle mie storie maneggio anche con tocco piuttosto ruvido. Questo non vuol dire che sono immune alla seduzione esercitata dalla possibilità di una bella descrizione, quando se ne presenta l’occasione! I miei personaggi sono un po’ il frutto di questa mia difficoltà a essere “morbida” con le emozioni e spesso diventano incubatrici di tormenti, rimpianti, amarezza e disillusione. Credo che lo spettro “nero” delle nostre emozioni sia molto variegato, complesso e decisamente più frequentato un po’ da tutti. A dispetto di tutto questo però cerco sempre, o quasi, di spingere i miei personaggi a sfidare queste loro zone d’ombra, a sopravvivere, a evolvere e trovare, per quanto possibile, un modo per coesistere con la vita.
Quali sono i libri e gli autori che ti hanno formata come scrittrice?
Ecco, qui rischiamo di entrare in una valle di lacrime. Potrei infatti scriverne per ore! Ho letto molto, davvero, e di tutto. Ogni libro che è passato tra le mie mani ha lasciato qualcosa. Direi però che gli autori più significativi per me sono stati Poe, Le Fanu, Guy de Maupassant, Stoker per quanto riguarda la sfera romantica/vittoriana. Cicatrici profonde (in senso buono) le hanno lasciate Primo Levi, Evtušenko, Caleffi, Bedeschi, Solženicyn. Stephen King mi ha traghettata fuori da un’adolescenza oscura, e per questo non smetterò mai di volergli bene. Ho affrontato il viaggio più bello della vita con Tolkien e ho sospirato (eh già!) grazie a Anne Rice. La lista è lunga, clamorosamente lunga, e potrei continuare citando Koontz, Follet, Smith, Alda Teodorani, Kundera…
Quale consiglio daresti a chi vuole pubblicare le proprie storie?
Di non avere fretta. Non è una corsa all’oro santo cielo! E di non essere presuntuosi e pensare di non avere bisogno di un buon editing. Ogni libro ne ha. Approcciarsi alle realtà editoriali giuste con professionalità e non con superficialità dovrebbe essere scontato, ma vale sempre la pena ricordarlo. I rifiuti vanno messi in conto. Sono duri da digerire, è vero, ma possono essere un nuovo punto di partenza.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Attualmente sto portando avanti con le mie colleghe di Coven Riunito un progetto antologico, all’interno del quale è presente un mio racconto, e stiamo valutando varie realtà editoriali per la pubblicazione. In cantiere ci sono poi la revisione, e un suo possibile seguito, di Crossroad: i racconti del crocevia al quale vorrei regalare l’emozione del cartaceo. A battermi con insistenza sulla spalla c’è poi un romanzo, stanco di stare seduto in sala d’aspetto, sul quale vorrei iniziare a lavorare nel 2025. Poi chissà, io non sono una che vive e lavora a compartimenti stagni… la vita è troppo breve per sprecarla a piantare paletti!
Grazie mille a Serena che ci ha fatto conoscere un po' più di sé e della sua scrittura. Ora non ci resta che leggere L'Apprendista Becchino, giusto?